Cornell Plexi 45/50

Scritto da badmirror il 15/Feb/2009 alle 02:20

Sezione: Amplificatori

 

INTRODUZIONE

Si definisce comunemente "plexi", nome derivato dal rivestimento in plexiglass del pannello frontale, la gamma di amplificatori Marshall prodotta tra il 1965 e il '69, vari modelli corrispondenti a differenti wattaggi e soluzioni circuitali sempre perಠgiocate intorno all' idea di base del sound Marshall dell'epoca.

Questa riedizione accurata di Den Cornell, dalle cui manine d'oro escono attualmente anche gli ampli usati da Mr. Slowhand E. Clapton, racchiude nello stesso chassis 2 di questi modelli, il famoso JTM45, prima creazione di Jim Marshall come sappiamo tutti derivata da una rielaborazione "rockettara" del Fender Bassman, ed il subito successivo JTM50.

In effetti le differenze tra i due, al di là   del leggero aumento di watt del secondo, ruotano principalmente intorno al sistema della rettificatrice, ottenuto con una valvola gz34 per quanto riguarda il jtm45, a stato solido nel jtm50.

DESCRIZIONE GENERALE

Una precisazione di sicurezza: Cornell consiglia di aspettare qualche decina di secondi quando si opera sugli switch principali (in particolare quello per passare da 45 a 50 e quello per l'high/low output posteriore). Questo perché all'interno è presente un termistore che, come dice Cornell stesso nel manuale, "Introduce una resistenza nel circuito. Così, quando switchiamo su ON, il termistore si scalda in pochi secondi e la resistenza si riduce, permettendo alla piena corrente di arrivare ai trasformatori. Switchando su OFF il termistore impiega qualche secondo a raffreddarsi e a ritornare al valore iniziale, protettivo, di resistenza".

ESTERNO

A livello estetico è chiaramente stato tutto realizzato in linea con l'originale; particolarità  del Cornell è solo nella targa frontale che, per fugare ogni possibile dubbio, dice "Plexi" più il "DC" racchiuso nel cerchio a mò di pallino sopra la i.  Il tolex potrebbe apparire a prima vista nero ma ਠinvece di uno stupendo Dark Green che conferisce grande eleganza al look generale. 4 solidi piedini sono posti sul lato inferiore.

Il pannello frontale presenta i classici 4 ingressi, switch decisamente robusti, il led di accensione e ovviamente le manopole in pieno stile marshall per i controlli. Da sinistra a destra troviamo i 3 switch principali (45/50 , Stanby e On/Off), il led, Presence/Bass/Mid/Treble, i due volumi corrispondenti al canale Treble e quello Normal e infine gli ingressi. Come si puಠintuire i due canali indipendenti hanno come al solito i due tipi di entrata High&Low e differiscono tra loro per una maggiore brillantezza del secondo canale. Non esiste Master Volume, ma perché, avevate dubbi? Inutile dire che uno dei maggiori godimenti è ponticellare e mischiare le due timbriche, anche se comunque non ਠdetto che non si possa preferire la sola entrata diretta in uno dei due canali, ad es. una Les Paul nel canale treble.

 

 

(N.B: ho visto almeno tre versioni della targhetta sul frontale, questa come la mia, una uguale con l'aggiunta della dicitura "Cornell" pi๠piccola in alto a dx ed una nera con il logo Cornell grande e sotto in piccolo la scritta "Plexi")

I controlli di tono: bassi e medi sono in perfetto stile mMrshall, cioè danno risultati differenti a seconda delle regolazioni ma senza avere questa escursione esagerata, anche perché per sua stessa natura le medie sono già  fuori e belle. Il controllo degli alti è invece sensibilissimo: al minimo movimento si sente subito un cambio nel timbro generale e appena presa un po' di confidenza si rivela utilissimo. Una volta fissato il resto solo con questo si può cambiare e di molto il "voicing" del proprio suono.

Anche mettendo gli alti a zero e poi ad es. sparando dentro un fuzz cattivo e con buona dose di acidità  foratimpani....beh, provare per credere, mani permettendo vi chiederete se siete voi a suonare o è il vicino che ha messo su a tutto volume un vecchio vinile dei Led Zeppelin...  Tutto ciò per dire che l'eq di questo ampl,i pur essendo Marshall 100%, è più malleabile di quello che sembra all'inizio e, se ben si ragiona, le possibilità  sono infinite.

Il controllo presence: beh, questo ampli buca il mix pi๠o meno a qualunque regolazione; alla fine ਠsolo una questione di ambiente circostante, direi comunque che si puಠtenere tranquillamente sotto la metࠠ ed essere comunque tranquilli di avere un suono chiaro e intelligibile. Altra nota di merito di questo ampli ਠil fatto che basta veramente poco volume affinchਠil suono prenda corpo, segno che "arterie e vene" del circuito sono fatte funzionare a ottimo regime.

Giriamolo ora e osserviamo il pannello posteriore.

 

 

E' ovviamente il massimo della semplicità : presa di corrente, fusibili, uscita casse con selettore 16/8Ohm. In pi๠troviamo uno switch della massima utilità : si tratta infatti di un selettore High/Low che permette di ridurre la potenza dell'ampli (sia in modalità  45 che 50) a 15 Watt. Ovviamente la soglia di pulito si abbassa notevolmente, ma ਠuna possibilità   che puಠdimostrarsi utile in svariate situazioni, dalle registrazioni in studio alle serate nei piccoli club.

INTERNO

Uno chassis in acciaio inossidabile ospita tutti i componenti.
La realizzazione del circuito ਠnaturalmente PTP: non apro nessuna parentesi sul meglio o peggio, trattandosi di una riedizione di plexi ਠnaturale che lo sia.

I componenti sono montati su una (cito Cornell stesso) "Specially Designed Component Board" sigillata da un'apposita sostanza di rivestimento trasparente per prevenire ogni tipo di interferenza e danneggiamento dei componenti.

 

 

I due bei trasformatori sono prodotti su specifiche del costruttore dalla ditta inglese Majestic. Mi perdonino ora i non pratici della lingua anglosassone ma anche in questo caso preferisco, onde evitare traduzioni barbine, lasciare la parola a Cornell stesso:
"I use paper interleaved windings and get them impregnated with a polyester varnish. Not only they sound good, they also all sound very similar in tone".

 

 

Come valvole troviamo 3 12ax7 nel preamp, 2 el34 nel finale e 1 gz34 come rettificatrice in modalità  jtm45. Personalmente monto per ora una Mullard NOS in v1 e due EHX Gold in v2 e v3, JJ nel finale. L'ampli ਠprogettato per ospitare anche delle kt66 senza alcuna modifica (tranne il bias ovviamente).

PROVA DEL SUONO

Il suono c'à¨, confermato anche dalle orecchie di un esperto del settore che ha molta pi๠esperienza di me con il suono dei vecchi amps. Anche perchਠsi ha spesso un'immagine generale del suono Marshall che si poggia su delle idee diciamo in linea di massima anche giuste, anche se poi abbiamo in mente pi๠il suono dell'era dal jcm800 in poi, un po' diverso dai progenitori. Non molti giovani, ma anche gente della mia generazione, credo abbiano bene in mente il suono di una vera Plexi o lo conoscono tanto bene da giudicare se un clone gli si avvicina o meno e le varie fantasie "ho trovato il suono di Angus Young sulla mia Zoom" non fanno che peggiorare la situazione.

La differenza tra 45 e 50 ਠsubito avvertibile ma non esageratamente marcata. La pasta sonora resta molto simile tuttavia, mentre il primo ha un attacco leggermente pi๠morbido e rotondo, dato dalla valvola rettificatrice, il secondo ਠdecisamente pi๠veloce e deciso.  Sono differenze ovviamente riscontrabili veramente a pieno quando l'ampli ਠsfruttato a buona potenza e ben si coniugano con i gusti di chi preferisce l'una o l'altra sensazione sotto le dita.

A me personalmente piacciono entrambe molto anche se, per abitudine, avendo suonato in questi anni un Hiwatt Custom 50, la risposta veloce del jtm50 ਠquella che almeno per ora prediligo e poi riesce ad essere un pelo pi๠definito in saturazione. Diciamo anche che con una cassa aperta le sfumature tra pulito e crunch del jtm45, che gioca tutto su quello data la compressione naturale della gz34, troverebbero maggior sfogo rispetto al sistema a cassa chiusa che uso.

Perಠchiariamo una cosa: Cornell ci ha dato dentro e ha tirato fuori un jtm45 "dopato". Basti pensare che le tensioni interne dell'originale ruotavano intorno ai 360 (anche da qui la sua morbidezza), questo viaggia sui 460.....una differenza direi notevole (il jtm50 gli ਠdi poco superiore, 480 circa). L'interazione con gli effetti ਠa dir poco splendida, soprattutto quelli d'ambiente sviluppano una profondità   decisamente coinvolgente e anche a regolazioni un pಠestreme il suono dry riesce comunque a far sempre capolino evitando impastamenti.  Limpidezza e precisione sono caratteristiche che possono venir fuori solo in ampli in cui non ci sono lotte al risparmio o compromessi.

Un paio di clip audio, fatte con le attenuanti del caso (1 solo microfono direzionale diretto nel Mac, hardware&software non da studio di registrazione), ma servirࠠ a darvi almeno un'idea del suono. In quella effettata c'ਠun Memory Man e un English Muff'n settato con poco gain e stesso volume dell'amp, usato solo per aiutare la strato, una LP non ne avrebbe certo bisogno.

www.fileden.com/files/2008/6/11/1954495/50%20arp.mp3

www.fileden.com/files/2008/6/11/1954495/50%20eff.mp3

Regolazioni: facile, tutte le manopole a ore 12! Purtroppo per i volumi ho dovuto plettrare molto piano, quindi considerate che plettrando come si deve viene fuori molto pi๠corpo. Anche perchà¨, se collegate una chitarra con humbucker e andate gi๠con decisione, già  dopo 1/4 di manopola del volume siete nel paradiso del crunch.

Riassumo la strumentazione usata: Stratocaster con pu al ponte (pickups Voodoo '60), Framus 2x12 con Celestion V30, Ehx Deluxe Memory Man, Ehx English Muff'n, Shure SM57 inclinato dall'alto verso cono a leggera distanza (una decina di cm circa).
Per mostrarvi invece l'uso di questo ampli a 15watt ecco un video fatto al volo: perdonate il ronzio da vicinanza monitor (anche se sospetto che l'impianto elettrico datato di casa mia c'entri qualcosa, in studio di registrazione anche davanti ai monitor non ho problemi):

 

 

 

Potete sentire come si riesca a jammare nella propria cameretta senza dar fastidio a nessuno con i volumi. Il Cornell vi restituisce un suono che ha tutto quello che serve: timbro, sustain, punch sotto le note (che ਠquello che di solito manca quando non si spreme un valvolare per bene).

Settaggi: eq come nei sample, sono entrato nel canale normal, ingresso low (-6db rispetto a quello hi), volume praticamente tra 1 e 2, quindi si parte dal minimo del minimo che questo ampli puಠfare, tenetene conto. Il segnale passa attraverso l'English Muff'n con volume settato al pari dell'ampli e un po' di echo dato dal Memory Man. Premetto che la ripresa tramite webcam ha scatolato moltissimo il suono generale, quindi purtroppo molte sfumature sono andate sacrificate.

Inserisco altri video trovati su youtube, per i settaggi leggete le info relative:

 

 

 Altri link aggiuntivi:

http://www.youtube.com/watch?v=aJYmzfxnmEE

http://www.youtube.com/watch?v=kWQ8_CmzQv4&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=oBCJsc9fqZY&feature=related

http://www.youtube.com/watch?v=oBCJsc9fqZY&feature=related

(Negli ultimi due l'autore ha sostituito la targa Cornell con una replica delle primissime Marshall, mah...)

CASSE & CONI

Parliamo di abbinamenti con casse.
Già  potete immaginarvi quale dovrebbe essere il primo suggerimento: 4x12 con Greenback! Personalmente perಠho avuto la fortuna di testarlo su una cassa Marshall del '71 con Greenback dell'epoca e devo dire che era decisamente "la morte sua". Chi mi ha venduto l'ampli consigliava di indirizzarsi sulla versione Heritage dei g12m, dal costo decisamente superiore ma dal risultato sonoro molto pi๠simile ai suoi.

Io ve lo dico sinceramente, non lo so non avendoli mai provati; quello che so ਠche probabilmente i Greenback normali odierni, che invece conosco, sono pi๠graffianti sulle alte e tendono a sgranare con volumi pi๠spinti. Quindi, se gli Heritage risolvono un po' questo problema ok, altrimenti in casa Celestion g12h30 tutta la vita!

Considerazioni pi๠specifiche sul suono della marshall del '71 sono presto dette: con la strato (una strato del '59 riverniciata ma con pu originali che cantava in modo celestiale) tutto era volto a esaltare il suono Fender; in pi๠i bassi percussivi e allo stesso tempo profondi sviluppati dalla cassa erano una goduria. Definita su tutte le posizioni, presente sugli acuti ma mai acida. Medie da brivido.
Con una Les Paul invece ero calato nel sound che ho sempre associato alla Plexi (Beano Sound, Woman Tone, etc...). L'abbiamo fatta sposare con un Dallas Arbiter Fuzz Face originale et voilà  , ecco quel bel suono nasalone ascoltabile in tanti vecchi dischi, soprattutto usando il pu al manico.

 

 

• Framus 2x12 con Celestion Vintage30 (quella che si vede nel primo video): cassa economica ma ben fatta e che suona, rapporto qualità  /prezzo molto buono. Suono chiaramente pi๠medioso e meno roboante di una 4x12. I vintage30 sono ottimi coni perà², a onor del vero, col sound plexi, incline alla distorsione che va ad "urlare" sulla gamma medio-alta; con regolazioni di eq non opportune tendono a tirare fuori quel frizzo strano proprio sulle alte frequenze (personalmente le trovo schiacciate e costituiscono per me il limite di questi coni). Nulla di catastrofico, ma la mia opinione ਠche si sposerebbero molto meglio con una cubatura da 4x12 (o 2x12 diagonale molto profonda) e magari in misto con i g12h30, invece che in una cassa come la Framus, stretta, chiusa e ben imbottita, per cui sono costretti a far tutto da soli (c'ਠanche chi preferisce tale filosofia nelle cabs).

• Brunetti Neo1512 (2 coni, 12" v30 + 15" Jensen neodimio): cassa di stampo pi๠moderno, un po' pi๠alta di una 4x12, dritta. All'inizio ho dovuto giocare un po' con le regolazioni perchਠil suono tende ad essere pi๠compresso. In realtࠠ ਠbastato suonarci un pochino, far scaldare l'ampli e trovare il giusto settaggio e le medie son tornate fuori. Il cono da 15" conferisce ovviamente una botta sui bassi notevole anche sulle singole note e di sicuro il suono pieno della Burny Les Paul Custom accentua ancora di pi๠la cosa. Con la strato e il pu al manico ci si diverte parecchio, anche perchਠle suddette frequenze basse escono sempre abbastanza definite, meno pastose rispetto ad una 4x12. Le medie pur presenti sono pi๠indietro, tuttavia questo ben si coniuga col timbro medioso e bucamix della testata tirando fuori un crunch decisamente d'impatto.

• 4x12 RIVERA con V30: come accennato sopra i v30 messi in una cassa di maggiore litraggio si comportano decisamente pi๠vicini alla loro natura. Abbiamo le medie e medio-alte decisamente pi๠"ariose" e le basse tipiche delle 4x12, che soprattutto con questa tipologia di cono sono gonfie e pastose come le ho definite prima. L'attacco ਠnotevole, il volume pure, decisamente il pi๠difficile da gestire. Rispetto alle altre casse provate (tranne la 4x12 coi Green ovvio) ਠquella in cui gli effetti d'ambiente trovano maggior sfogo: tutto quello che gli si spara dentro torna fuori con grande prepotenza e spazialità . Il risultato ਠche stai lଠa giocare col tuo Memory Man per ore, esci con le orecchie tritate, ma hai il sorriso di un bambino.

• 4x12 RIVERA con g12h30+Greenback: disposti a croce. Non vorrei ripetermi ancora, i g12h30 sono splendidi su ogni frequenza e infatti microfono sempre quelli. I Green son belli ma credo che appena possibile renderಠla cassa tutta composta di g12h30.

Si ma alla fine come lo usi?

La foto appena sopra vale pi๠di mille parole!
(Deluxe Memory Man sull'Hiwatt, Holy Grail Reverb sul Cornell, pi๠il resto della pedaliera non presente in foto)

COSTO

Punto dolente ਠche non ਠcerto facile da trovare. Io ho avuto la fortuna di trovarlo usato ma praticamente nuovo qui in Italia e pensate che il mio ਠil numero 0003.
Comunque su un noto shop tedesco si trova intorno ai 1690 euro, sia la versione con el34 che con kt66.

Cornell official site: http://www.dc-developments.com
Shop tedesco citato da cui ho preso anche alcune delle foto: http://www.proguitar.de
Intervista a Cornell: http://www.dc-developments.com/cornell_reviewstqr2003.pdf

Che la plexi sia con voi!

Badmirror