Decima puntata della rubrica che vede Daniele Bazzani e Giovanni Onofri parlare delle...
Quando si vuole promuovere un prodotto si possono adottare principalmente due strategie (lasciando perdere i discorsi sul prezzo più conveniente che in questo caso non ci interessano): distinguerlo dalla concorrenza oppure appiattirlo ad essa... Generalmente il primo è il più logico e sensato: non si deve far altro che far conoscere al pubblico le doti che lo distinguono, che lo rendono migliore degli altri o semplicemente che lo identificano in modo da renderlo più appetibile. Di per sè la cosa non è difficile quando il prodotto è effettivamente qualcosa di diverso dagli altri.
Prima strategia: distinguersi dalla concorrenza
Per spiegarmi meglio prenderò come esempio un ampli di fascia alta. Il produttore non dovrà fare altro che sottolineare come questo si discosti costruttivamente dai prodotti "mediocri" industriali, evidenziando la maggiore cura realizzativa, l'uso di componenti migliori, la maggiore resa e il suono migliore (tutti quanti dicono che il suono è soggettivo ma allora come mai TUTTI i produttori fanno sempre leva sul fatto che il loro ampli ha il "tone"???). Tutto questo lavoro serve ad aumentare la percezione della qualità da parte del cliente, condizione essenziale per riconoscerla nel proprio prodotto...
Ma a volte non ci sono effettive migliorie tecniche, o almeno quelle adottate non sono apprezzate dal pubblico, in quel caso si tenta la carta del "segno distintivo", una cosa più o meno effimera che lo renda facilmente riconoscibile, una mega scritta coi LED colorati, il pannello in plexiglass retroilluminato, le manopole coi teschi, le tacche sul volume che vanno da 0 a 11, il contenitore a forma particolare (il pedale wah a forma di piede o il case del pedalino recuperato dalla cover di un trasformatore). I modi sono infiniti, tutti utilissimi per dire "Hey, il mio prodotto è questo, non confondetelo con la concorrenza".
Anche in questo caso si crea qualità, ma di un tipo un po' differente: è la qualità dell'esclusività, dell'essere riconoscibili attraverso la riconoscibilità del proprio ampli o della propria chitarra. A questo proposito mi viene in mente un classico anni 90: la Jem Flower Pattern, chitarra firmata da Steve Vai che spopolò fra molti chitarristi, paradossalmente anche fra quelli ai quali di Vai non fregava niente ma adoravano quello strumento così particolare che li rendeva in qualche modo riconoscibili (il discorso può valere anche con Steinberger, Parker et simila).
Prima ho anche detto che è possibile prendere un aspetto realizzativo legato alla produzione e farne un misuratore della qualità: classico esempio il point to point, metodo utilizzato nei primi circuiti elettrici che prevede di fissare i componenti su una basetta e creare il circuito tramite conduttori: sistema ottimo per molti aspetti ma che presenta il limite della complessità del circuito (non per niente in p2p ci si fanno ampli di ispirazione vintage, monocanale e con soluzioni circuitali molto semplici).
Da un po' di anni molti produttori lo stanno spacciando come soluzione che "suona meglio" rispetto al più economico, affidabile e adatto alla produzione industriale circuito stampato. La verità è che chi lo spinge lo fa per interesse di produzione in quanto è un metodo che si presta benissimo alla produzione limitata e fortemente customizzata mentre il circuito stampato risulta molto conveniente nelle produzioni industriali.
Va da se che non sentirete mai elogiare il p2p da gente come Fender o Marshall (salvo quando decidono di vendervi una riedizione p2p a millemila dollari fatta fare da operai messicani a 1$ all'ora); per contro chi produce ampli p2p esalterà questo tipo di circuito, attribuendo tutti i difetti dati dalla produzioni industriale economica alle schede pre-stampate.
Seconda strategia: conformarsi alla concorrenza
La seconda strategia, quella di appiattirsi alla concorrenza, viene seguita quando si possiede un prodotto che non ha caratteri distintivi, ma nasce anzi per imitare il leader del mercato. Il caso più emblematico di questi ultimi anni è, secondo me, Behringer con i suoi pedalini: in un primo periodo annuncia l'uscita di una serie di effetti che nelle fattezze, nei nomi e nei colori ricordavano in tutto e per tutto i rispettivi pedalini della Boss; nell'ambiente circolavano insistentemente voci che loro clonassero il circuito originale (e credo che fosse una ben pianificata strategia di marketing per il lancio del prodotto).
Addirittura resero pubbliche le immagini dei modelli 3D (foto sintetiche realizzate al computer) con la forma talmente simile a quelli Boss che, a quel punto, la Roland chiese che venissero modificati (a mio parere era tutto previsto e dalle loro fabbriche non è uscito manco uno di quei pedali con quella forma); vennero cambiati il tanto che basta per non incorrere in altre querele, ma senza perdere la somiglianza coi Boss, allo scopo di dare l'idea e alimentare la sensazione che fossero al 100% cloni Boss. Se ricordate i discorsi che impazzavano nei forum, mi pare che ci siano cascati un po' tutti.
Alla fine hanno convinto anche le motivazioni date per giustificare il costo molto minore: Behringer, copiando e non inventando, non spendeva un accidente in costi di ricerca e sviluppo e quindi era da considerare come una specie di "mega artigiano", come uno di quelli che si trovano su internet che realizzano cloni di effetti, ampli e circuiti elettronici di ogni tipo (in questo caso niente spese di R&S ma nemmeno costi aziendali, tasse, responsabilità per la conformità di sicurezza ecc.) e li vendono a una frazione del prezzo industriale: mica male il trucco!
Dopo qualche mese di vendite furiose cominciano a saltare fuori le prime gabbole: il contenitore è di plasticaccia, il fondo in cartone pressato, i componenti ancora più scadenti, tutto il circuito è realizzato in SMD e, secondo chi lo ha analizzato, anche il circuito è profondamente differente dall'originale (altro che clone!). Quindi un prodotto economico costa poco perchè vale poco.
La mancanza di percezione della qualità, lo spingere i valori distintivi solo su "argomentazioni" soggettive (del suono non ne parlava mai nessuno), il fatto di rivolgersi a utenti dilettanti che comprano i pedalini tanto per provare come suona un effetto mai sentito e che quindi non ha percezione della qualità sonora (perchè se avesse provato come suona un chorus vero il loro non se lo prenderebbe nemmeno gratis!), sono tutti elementi che mettono il cliente nella condizione di accettare quasi per soddisfare una curiosità a basso costo. È come se io vi proponessi una martellata sulle unghie gratis: quanti di voi direbbero "beh, tanto è gratis, proviamola!"?
Per concludere
Esistono peculiarità che chiameremo "astratte" con le quali è possibile creare valore: in questo caso non parlerei proprio di qualità, ma di particolarità soggettive che giustificano un prezzo di acquisto maggiore in certi prodotti. Prima di addentrarmi in questo argomento molto delicato, voglio precisare che non è mia intenzione giudicare, ma ormai viviamo in un mondo commerciale basato fortemente sul lato emozionale del prodotto.
Quel che ci vendono ce lo vendono non tanto per le sue qualità intrinseche, ma per una serie di caratteristiche che lo rendono in qualche modo "emozionante". Mi sembra abbastanza evidente che nella pubblicità della BMW non si punti sulla qualità intrinseca del mezzo, ma sulle emozioni che è capace di suscitare (ogni tanto qualche timido richiamo al fatto che il motore più efficiente consuma un po' meno, ma poi ti ricordi che è un 2500 a benzina e per quanto efficiente, consuma come 4 Fiat 500 di 40 anni fa!).
Negli strumenti musicali questo credo sia ancora più vero: quasi nessuno di noi fa musica di professione, al massimo si suona nei locali, pagati, ma col fine di suonare per suonare: è quindi normale intendere uno strumento come qualcosa di emozionale più che di qualità e questo lo sanno bene anche i produttori. Qui entrano in gioco elementi quali il marchio, la firma dell'artista, l'esclusività delle edizioni limitate, le reliccature, le edizioni NOS, VOS, ROS, BOS, GNOZ, SGRUNT ecc.
Entrano in gioco l'estetica, l'idea che suoni come quell'artista in particolare (quanti di noi spendono soldi nel tentativo di avere QUEL SUONO di quel determinato disco?), si tirano in ballo la ricercatezza delle finiture, i disegni dell'acero fiammato, occhiolinato, l'hardware dorato o brunito o qualsiasi altra particolarità... arriviamo perfino a trasformare in qualità distintiva il prezzo alto che come tale rende lo strumento esclusivo e quindi riservato a pochi!
Come ho detto non voglio giudicare, nel bene e nel male, tutto questo; il mio scopo è dare l'informazione e sedermi ad ascoltare i commenti degli altri (anche perchè con la gamba rotta, in piedi non ci posso proprio stare!).
Robyz
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