Mesa/Boogie Studio 22+

Scritto da robyz il 15/Jun/2008 alle 20:00

Sezione: Amplificatori

 

Mi pare superfluo temporeggiare con nostalgici amarcord o con lunghe digressioni riguardanti le mie sensazioni di allora felice pischello possessore di un autentico Mesa/Boogie, per cui taglio corto e vado dritto alla recensione: Lo studio 22+ è il modello più piccolo della serie Caliber, serie "economica" (le virgolette indicano il fatto che la ditta non ha mai trattato prodotti sotto un certo prezzo ed il termine va proporzionato a questo) che si compone di due versioni di studio 22, con e senza "+" (ad indicare la presenza del lead master), entrambi disponibili con l'opzione dell'equalizzatore a 5 bande, e del fratello maggiore, il Caliber 50, con qualche controllo in più e 50W erogati da due 6L6.

 

Costruzione

Come molti di voi già  sanno, vista la diffusione ed un certo valore storico che va attribuito a questo ampli, siamo davanti ad un combo nella classica form factor che ha reso celebre la casa di Petaluma, un bel combo 1X12" molto compatto in vinile nero. La configurazione prevede invece diverse differenze, anche radicali, rispetto al suo più celebre antenato che è il MkI, passato alla storia per essere stato soprattutto l'ampli di mr sustain in persona: Carlos Santana. Ma torniamo al piccolo Studio 22 ed alla sua dotazione: dicevamo, combo compatto con un cono da 12" 50W marchiato Black Shadow, 22W dichiarati ed erogati da una coppia di EL84 in push/pull classe AB, cinque 12AX7 nella sezione preamp ed un onestissimo riverbero a molla Accutronics.

La realizzazione è molto buona, ormai su prodotti di fascia media è raro trovare altrettanta cura se non in produzioni artigianali o semi-artigianali emergenti, ma del resto la Mesa/Boogie di quei tempi era ancora lontana dal colosso produttivo che è diventata, meritatamente, oggi. 

 Lo testimoniano la realizzazione a mano e soprattutto il "bustone" delle istruzioni, una busta per documenti con dentro il manuale fotocopiato e spillato, qualche etichetta del controllo qualità , rigorosamente compilato a mano e l'immancabile adesivo Mesa/Boogie che conservai gelosamente e poi persi senza mai poterlo utilizzare, quando i soldi li spendevano tutti dentro l'ampli e non certo per pagare lussuosi accessori, stampe patinate e soprattutto contratti di endorsement milionari.

La configurazione dei canali è molto semplificata, sebbene nasconda qualche chicca tipica di questi prodotti concepiti dal cervellotico Randall Smith.  In pratica è un monocanale secco con un boost inseribile solo a pedale (raga, quando dico solo a pedale intendo proprio quello, perdetevi lo switch e rimarrete imprigionati per sempre nel canale normal! ;-P) ed un plus di un equalizzatore, un classico della casa, inseribile secondo diverse opzioni di cui parleremo.

I controlli, nello specifico sono Gain (chiamato volume), Volume Master, Bass, Middle, Treble, Master, Reverb, Presence, tutti comuni ai due canali; un Lead Master che agisce come boost di volume solo su quest'ultimo canale, i cinque sliders dell'equalizzatore, un selettore di modalità  per questo ed infine standby e power, oltre all'input per chitarra e il plug per lo switching dei canali. Sul retro troviamo invece tre plug per gli speaker, uno da 8 ohm nel quale è normalmente infilato il jack del cono interno, e due da 4 ohm dove è possibile collegare due speaker in parallelo (piccola precisazione, i due gruppi di uscite, da 4 e da 8 non vanno MAI usati assieme!), l'uscita slave (Direct) prelevata da un secondario del trasformatore d'uscita con un comodo volume, il loop effetti, la presa per un ulteriore switch che controlla l'equalizzatore e la presa fusibili.

Qualche parola va spesa per spiegare la modalità  di funzionamento dell'equalizzatore.  Lo switch di controllo ha tre posizioni: acceso, spento e eq. in, comoda modalità  che permette la sua attivazione in concomitanza con il canale lead. La comodità  è evidente perchè in questo modo, oltre ad avere una ulteriore variante per ciascun canale usando il secondo footswitch dedicato, potete ottenere una differenziazione dei due canali non solo in termini di volume e distorsione, ma anche sulla pasta sonora (l'eq è piazzato post distorsione ed è tremendamente efficace!) con un solo e semplice "flick of the switch".
 
A questo punto è il caso di precisare un altro punto molto importante per chi si può interessare all'idea di acquistare questo ampli (ovviamente usato visto che è fuori produzione da almeno una dozzina di anni). Il gain, come già  detto, è in comune coi due canali, scelta che oggi apparirebbe impensabile e tremendamente stupida, ma che al tempo era una delle tante piccole limitazioni introdotte in questo ampli per rosicchiare il più possibile sul prezzo finale ed offrirlo ad un pubblico più vasto differenziandolo dagli esclusivi, ed anche un po' snob, ampli della serie Mark.

Il funzionamento del gain comune in pratica funziona in questo modo: una volta regolata la quantità  di gain necessaria per il suono principale, ci si rassegna al fatto che l'altro canale avrà  un boost di gain fisso preimpostato dalla casa che andrà  a sommarsi al primo canale. Di fatto 'sta cosa si traduce nell'impossibilità  di avere due settaggi estremi o molto simili, ad esempio un crunch leggero nel primo canale ed un lieve distorto nel secondo, oppure un clean cristallino ed un distorto estremo; a dirla tutta, la differenza di gain fra i due canali è pensata con molto buon senso e con un gusto "tarato" sulle preferenze della musica fine 80, con un clean cristallino ed un lead abbastanza deciso (da rock pop direi) oppure un bel crunch ed un distorto molto potente.
 
Ho anche letto che esistono modifiche circuitali che permettono di agire proprio su questa differenza di gain ed adattarla alle proprie esigenze, magari aggiungendo un piccolo trimmer per intervenire agevolmente ogni volta che si vuole. Personalmente non ho ancora deciso se effettuare tale modifica per cui non posso pronunciarmi sulla sua effettiva efficacia. Come preciserò in seguito, è possibile ottenere un altro po' di versatilità  regolando opportunamente equalizzatore e soprattutto giocando sulla saturazione del finale che è sicuramente stato concepito proprio per questo tipo di approccio.

 

Il suono

La particolarità  di questo ampli, che per certi versi è anche il suo limite più grosso, è proprio la bassa potenza del finale, 22W, incapaci di sviluppare un vero muro di suono ma meravigliosamente adatti a restituire un suono saturo di finale a volumi non troppo elevati, gestibilissimi, e per questo molto adatti in situazioni da sala prove e studio di registrazione. Non dimentichiamoci, a parziale soluzione del difetto, che con una buona 4X12, magari con coni ad alta efficienza, si riesce ad incrementare notevolmente sia il volume finale che lo spessore del suono.

Per avere un ulteriore termine di paragone, se avete un batterista rockettaro ed una sala di medie dimensioni, vi troverete a sfruttare quasi tutta la riserva di potenza e tirarci fuori il suono ideale saturo di finale. Con un batterista pestone prendete in considerazione una extension cab con coni efficienti.

Cominciamo però a sentirlo sto ampli e partiamo proprio dal canale "clean". A mio modesto parere questo ampli non ha proprio un clean degno di questo nome, sia perchè cruncha leggermente a volumi già  modesti, sia perchè sotto quei volumi il suono non è particolarmente bello: è un ampli di concezione relativamente vecchia e paga il fatto che per suonare bene ha bisogno di essere tirato di finale. Tuttavia, con un po' di pazienza e poco volume, si riescono ad ottenere dei suoni clean più che dignitosi, di chiara matrice Fender ma, come tradizione Boogie, più scuretti e decisamente "spessi" e rotondi.

La sezione toni è relativamente efficace: i bassi vanno usati con molta attenzione per non imballare troppo il suono; le medie, che le metta a zero o a stecca restano sempre molto prepotenti  (il suono Boogie era quello e non si scappa) ma sono molto utili per intervenire sulla soglia di clipping e sulla definizione. In cooperazione con i bassi, gli alti regalano una certa chiarezza o rotondità : usati in coppia col presence si riesce a rendere il suono aspro andando a palla ma anche in questo caso dipende moltissimo dalla regolazione degli altri due toni. E' una caratteristica propria di questa casa la grande interazione nella sezione toni.  

Per molto tempo ho odiato questa filosofia perchè rende le cose dannatamente difficili se non si conosce bene dove andare a mettere le mani. A differenza dei Marshall, dove qualsiasi configurazione dei toni in linea di massima suona bene e non troppo dissimile, nei Boogie è molto facile incappare in regolazioni squilibrate e poco usabili, ma una volta superato questo scoglio è possibile farli suonare molto bene...
 
Ricordo che il primo proprietario me lo vendette perchè suonava dimmerda e non ne cavava piede (era il classico ragazzino viziato che suona da 3 mesi e mammina gli comprava tutto) e ricordo che lo tenetti per un paio d'anni prima di venderlo e che il maledetto suonava più scostante di una donna lunatica col suo ciclo: un giorno era spaziale, il giorno dopo gli avrei dato fuoco.
 
Grazie ad una serie di eventi mi è capitata l'occasione di ricomprarmelo l'anno scorso e scoprire quanti pregi aveva ancora in serbo per le mie orecchie, ormai stagionate da oltre un decennio di esperienza.
Alzando il gain si ottiene un buon crunch... azz, questa proprio non me la ricordavo, un Boogie con un bel crunch... Niente di entusiasmante, almeno per me che sono viziato dal crunch devastante di casa Masotti, ma la vera chicca salta fuori quando, con gain a 2,5-3, alzi il master attorno a 6-7 e l'ampli si arrabbia un casino e comincia a "respirare" con una saturazione di finale davvero notevole.  

Personalmente sono sempre stato un amante della saturazione delle EL84, che preferisco alle 6V6, quel Glassy Tone che ricorda un po' i Vox ed una sorta di Marshall educato che ho ritrovato anche in questo gioiellino e che mi fa sbrodolare in lunghi assoli senza sentire mai il bisogno della spinta addizionale offerta dal canale lead. E' un crunch adatto al Rock Blues: con una Strato hai dinamica a volontà  e carne per un rock blues bello panciuto e pieno; con una Les Paul diventa un cannone a valvole con cui farci tutto l'hard rock ed anche un po' di ritmiche metal anni '80 (la pasta del cono è fottutamente anni 80!), ottimo punto di partenza per scatenare poi un lancinante solo sul canale Lead.

Il sottoscritto si è divertito moltissimo a suonarci rock blues e sano hard rock anni 70 misti ad una buona dose di southern rock. In ogni situazione ha il suo suono distintivo ed aiuta a costruirsi il proprio all'interno della band: non vuole imitare nessuno, è un Boogie, può permetterselo ed anche se piccolino sa bastonare a dovere e farsi sentire anche senza il lead che personalmente uso pochissimo (il più delle volte quando non posso sparare troppo il volume e mi serve un po' di gain in più). Ma questa è una recensione e, nonostante questo canale sia per la maggior parte del tempo quello in cima alle mie preferenze, è ora di schiacciare quel benedetto tasto e passare al lead.
 
Diciamo subito che se ci andate pesanti col master non potrete andare oltre 4-5 di gain, oltre diventa ingestibilmente microfonico e personalmente non sono fra quelli che sfidano le leggi della fisica tenendosi un ampli in perenne equilibrio instabile, pronto a fischiare come un treno appena blocchi le corde e non chiudi istantaneamente il volume della chitarra. Del resto, con 4 di gain e 6 di master, sarete già  carichi di saturazione e sustain a volontà , più che sufficiente per qualsiasi assolo. Tuttavia, se volete entrare in pieno territorio hi gain super metallonz plus, è meglio dare più gain e scendere un po' di master. Probabilmente vi si cotoneranno all'istante i capelli e sentirete l'insolita esigenza di vestire jeans stracciati, borchie, pelle e magliettine a rete di colori sgargianti.
 
Il suono è decisamente anni '80. Come? L''ho già  detto? Beh, ripeterlo non fa male visto che devo introdurre l'unica modifica che mi sono concesso in questo caso: il cambio dello speaker. Non ho voluto sostituire il cono (anche perchè sto elaborando una futura conversione a mini testata come quella in foto) ma abbinarlo alle mie due casse, una 1X12 della Hughes & Kettner, originariamente "V30 loaded" ed attualmente caricata con il mio solito cono al neodimio della B&C, e la mia VHT 2X12 diagonale, anch'essa ex V30 e "armata" con un B&C ed un Seventy70 di Luca Fanti: il suono in questo caso acquisisce molta modernità  e spessore. La 2X12 la uso poco (ho preso il piccolo Boogie per ragioni anche logistiche, è inutile andarmene in giro con il cassone), tuttavia l'esperimento di abbinarla a questa cassa permette di ottenere più volume e molto spessore sonoro.

Le basse sono abbondanti e compensano la poca disponibilità  del finale a riprodurle senza imballare (bassi a 3-4 al massimo, oltre è già  troppo per i miei gusti); le medie, meno scavate e nasali del Black Shadow, gli danno una pasta più moderna ed equilibrata, ottimamente integrata con l'abbondanza di medie che ha l'ampli di suo e che lo rende molto "vocale". L'abbinamento con la 1X12" è in realtà  il mio preferito per l'uso che ho in mente. Il cono B&C è molto pieno e presente su tutte le frequenze (è pur sempre un woofer per PA) e riproduce una quantità  di medie impressionante che fanno cantare di brutto i soli e gli permettono di bucare in modo imbarazzante il mix anche con i suoi pochi watt.
 
Ovviamente un suono cosଠmedioso tende a stancare e sicuramente non piacerà  granchè ai cultori dei suoni moderni ma niente paura, è possibile raffinare un po' intervenendo con l'equalizzatore, scavare il suono moltissimo (col rischio però di assottigliarlo ed inasprirlo). Grazie alla sua posizione nel circuito si riesce ad incrementare un po' anche i bassi senza impastarli, agendo in modo chirurgico e compensando un po' con i toni medi e bassi.

Approposito di equalizzatore, va detto che è parte integrante del suono, da purista mi viene difficile concepire l'idea di tenere inserito un circuito in più, specie se è pure regolato in flat. Ma non c'è nulla da fare, se lo togli il suono ne risente in peggio, perde un po' di carattere e di ricchezza ed alla fine lo preferisco sempre inserito ed è l'unica eccezione, visto che normalmente non uso pedali, booster o altro per cercare il mio suono. Va anche detto che, per realizzazione circuitale, questo eq. è caratterizzante del suono Boogie e non credo vada trattato come un elemento esterno.

A questo punto qualcuno si starà  chiedendo come reagisce ai pedalini. Domanda più che lecita visto che l'essenzialità  dei controlli lo rende sicuramente un candidato ideale per essere arricchito e integrato con un sostanzioso setup di pedalame vario... tuttavia non posso inventarmi ciò che non so e su questo argomento passo il turno in attesa che qualcuno voglia contribuire nei commenti a riempire questa lacuna.
 
Del resto ormai lo sanno anche i sassi che il sottoscritto non è un amante dei pedali, specie distorsori e overdrive vari, sia per questioni di suono (non qualità  ma semplicemente gusto) ma soprattutto per questioni di praticità  e difficoltà  a mantenere il segnale in condizioni ottimali; unica eccezione che mi concedo proprio con questo ampli è il mio Vox V847, più che altro perchè è comodo ed è l'unico effetto a cui non mi va di rinunciare anche quando vado in giro col setup minimale.

Ultimo punto sul riverbero, come già  detto implementato con un'unità  a molle Accutronics, molto denso e capace di dare la giusta profondità  al suono senza alterarlo in modo evidente. Il controllo è esagerato e poco progressivo: si parte da un minimo che per i miei gusti è già  molto vicino alla soglia del troppo e si arriva a quantità  di riverbero esagerate che oltretutto tradiscono una progettazione del circuito abbastanza rumorosa. Qua si paga ancora una volta l'economicità  del progetto, peraltro davvero ben realizzato sotto l'aspetto costruttivo.

 

In conclusione

Che dire di più su un ampli che ha scritto qualche pagina di storia, magari non quella altisonante dei grandi nomi, ma migliaia di diari scritti nelle cantine e nei palchetti di una scena underground che all'epoca era vivacissima e molto genuina. Lo Studio 22 per me rappresenta un punto di partenza, ne ho un bellissimo ricordo e ritrovarlo come compagno di viaggio dopo tanti anni e molte note suonate è una specie di traguardo intermedio, una cartina tornasole che mi permette di tirare un po' le somme su cosa ho fatto in tutto questo tempo e ridimensionare e rivedere con nuova prospettiva le cose che il tempo inevitabilmente deforma e modella secondo quel che ci piace pensare.

Per chi non lo conosce credo sia un ottimo esempio di come le cose venissero fatte in quel periodo ma soprattutto si tratta di un ottimo ampli, non particolarmente ricercato e quindi su cui le grinfie degli speculatori non si sono posate in gran numero.
Per chi cerca un ampli semplice di concezione, non facilissimo da usare ma nemmeno zeppo di mille opzioni, spesso inutili; magari una base per espansioni aggiuntive o modifiche circuitali che ne personalizzino il carattere.

Oppure per chi si è rotto le balle di scarrozzare quintali di strumentazione e watt per suonare in posti dove ogni due minuti ti urlano dietro di abbassare, un piccolo combo da infilare nel bagagliaio di una Smart, da portare in giro con una mano senza scoprire che col tempo il braccio che lo porta d'abitudine si è allungato come quello di un orango ;-)
Infine un ampli onesto, con dei bei suoni distorti e crunchettoni che non chiedono in cambio il sacrificio dei propri timpani e che potrete usare per registrare comodamente nel vostro home studio.

Sconsigliato invece a chi cerca la versatilità , i multi canali tutti indipendenti, i finali a geometria variabile col doppio turbo intercooler, i suoni molto moderni o i suoni spiccatamente british e marshallosi oppure i clean cristallini, tutte cose che per questo piccolo Studio sono off limits. 

Robyz