Ledford Bunbury Amp

Scritto da giorgio montanari il 05/Jan/2009 alle 01:50

Sezione: Amplificatori

 

La ricerca

Il suono del Bassman che mi lasciavo alle spalle non mi dispiaceva affatto. Ma mi sarebbe piaciuto esplorare qualche altra strada. Nel corso di varie visite a vari negozi ebbi modo di provare diverse cose: alcuni Fender Reissue (Twin e Bassman) e non (The Twin, Twin Reverb Silverface), un Victoria (Victorilux), Marshall Reissue (JTM45) e non (JCM800 e 900), Ulbrick (Venue 30).
 
L'idea che avevo in mente era un bel pulito di partenza, un po' più di headroom rispetto al Bassman ma meno di un Twin Reverb. Quindi, pur scartando i Marshall, che non mi piacevano molto, rimanevo con una discreta scelta.
 
Poi, durante una prova in negozio, la folgorazione: Super Reverb! Specifico che la prova venne svolta con una SG anni '60 e un SR Blackface inizio '60... Il crunch dell'ampli era spaziale e il pulito mi piaceva molto.
 
Se del mercato del vintage diffidavo per via dei costi alti e, soprattutto, della scarsa affidabilità  di oggetti che avrebbero avuto bisogno di un check up serio e probabilmente molto costoso, della riedizione attuale del SR non avevo sentito parlare molto bene. Mentre avevo sentito cose interessanti a proposito di aziende che producevano kit per ricostruire amplificatori storici a partire da parti sfuse. Ottimo, mi dissi, ma chi me lo costruisce? 

Mi venne in soccorso mio suocero, chitarrista anche lui: "a Sydney ci sono un paio di ottimi artigiani che costruiscono ottimi amplificatori e potrebbero essere disponibili ad aiutarti".

Duane Ledford

Dopo un paio di telefonate, trovai disponibilità  da parte di Duane Ledford.
 
Da internet non riuscivo a trovare molte informazioni sui suoi prodotti (il suo sito versava in un pessimo stato: il lavoro e' talmente tanto che si deve limitare la pubblicita' e persino rifiutare la richiesta di una grande catena di negozi australiani per rivendita su grande scala dei suoi prodotti), ma mi era stato detto che questo artigiano sapeva il fatto suo e che molti musicisti professionisti australiani si rivolgevano a lui per riparazioni e modifiche di amplificatori usati e per l'acquisto dei suoi amplificatori originali (che, detto per inciso, sono spaziali!).
Così, mi recai dopo qualche giorno a casa sua per fare due chiacchiere...

Duane si dimostrಠun vero southern gentleman, se mai ne ho visto uno: nato negli Stati Uniti d'America, di cui conserva un dolce accento del sud, visse per un certo periodo proprio in Italia in quanto militare di stanza ad Aviano, dove si occupava di elettronica, ed infine si trasferì in Australia, dove vive tutt'ora con una bella famiglia, le cui fotografie adornano il soggiorno, e col cane, un simpatico beagle di nome Barney.

Duane si rivelಠmolto competente, i suoi ampli erano e sono strepitosi, con un ottimo orecchio ed estremamente disponibile. La sua disponibilità  aveva perಠdei limiti: "Io non costruisco amplificatori che non mi piacciono" (per fortuna, i SR rientrano nella categoria di sì), "Io non uso kit da montare: ne ho provati un paio da musicisti locali e li ho trovati mediocri e privi di alcuna caratteristica che li distinguesse".

L'amplificatore

Io le condizioni le accetto ed iniziamo a stilare una lista di desiderata: 

  • trasformatore d'uscita Mercury a 2, 4 e 8 Ohm;
  • possibilità  di usare l'amplificatore in America (110V), in Europa (220V) ed in Australia (230V) attraverso un trasformatore di alimentazione avvolto in carta (fatto a mano),
  • formato testata + cassa (per non spezzarmi la schiena),
  • invece dei soliti quattro coni da 10", una bella 2x12". Perche'? Primo perche' una 4x10" pesa, poi perche' mi piaceva l'idea di un amplificatore un po' diverso dal modello di riferimento, inoltre secondo le mie concezioni poco tecniche i coni da 12" avrebbero suonato piu' controllati sui distorti e piu' trasparenti sui puliti.

A questo punto, eravamo in ballo. Duane inizia ad ordinare le parti da varie sorgenti, mandandomi di tanto in tanto delle foto del lavoro per tenermi aggiornato.
Dopo circa cinque o sei mesi dall'ordine iniziale, il circuito è pronto. E' ora di scegliere i coni! 

 

 

Per puro caso, Duane stava testando diverse coppie di Eminence insieme ad altri due noti produttori di ampli (Michael Ibrahim della MI Audio e Pete Reynolds della Reynolds Valveheart) per cercare un modello comune da usare per i loro ampli e quindi fu possibile fare una prova comparata tra speaker diversi, già  montati in varie casse.
La prova comprendeva una cassa con due Jensen in AlNiCo, che scartai subito. e tre coppie di Eminence differenti.

Non mi ci volle molto per aggiudicare la vittoria ai Red Coat - Private Jack: i bassi erano compatti e reggevano benissimo in distorsione, i medi erano estremamente trasparenti (al contrario di quanto avveniva con gli altri speaker, che in maniera diversa erano estremamente opachi sulle frequenze medie), le frequenze acute, infine, erano rotonde e delicate (perfette per mantenere i single coil delle mie chitarre a livelli di Ph ragionevoli).

Dall'ordine degli altoparlanti alla consegna dell'amplificatore passarono altri mesi. Il tutto fu pronto ad agosto 2008.

Testata

La testata ha un peso di circa 16 Kg. Per chi si interessi all'estetica dell'oggetto, dirಠche è ricoperta con Tolex color mandorla, ha una tela frontale oxblood ed ha i pannelli di controllo marroni fatti appositamente per questo ampli, la spia di stato è bianca, mentre le manopole sono quelle color crema tipiche del periodo blonde. Inoltre, le misure del mobile sono ridotte rispetto alle testate Fender che alloggiano il riverbero, pur rimanendo ottimamente areata, grazie a generosi fori sul davanti del mobile.

Da un punto di vista del circuito, a parte l'attenzione alle normative attuali sulla sicurezza (non c'e', ad esempio, il ground switch) e l'uso di parti di qualità  (trasformatore Mercury, trasformatore avvolto a mano, condensatori Xicon e niente Orange Drops - "suonano troppo acidi per me!"), le uniche varianti rispetto al circuito AB763 originale stanno nell'aggiunta di un fusibile all'interno dell'innesto per il cavo di alimentazione, nella mancanza dello switch di ground, negli acuti meno pronunciati (scelta progettuale) e nell'uso di un condensatore più grande nel circuito del tremolo (su mia richiesta) per avere una curva meno repentina ed un effetto più dolce e, quindi, più sfruttabile. Il tutto è accompagnato da qualche valvola di pre NOS.
 
Piccola nota sui trasformatori Mercury (di cui ringrazio l'amico Paolo Mazza, che ha dato suggerimenti preziosi per la stesura di questo articolo): nonostante le pretese della serie Tone Clone, questa non è poi molto simile all'originale. Tuttavia, è, a detta di Paolo, di qualità  comunque superiore ai Fender originali anche d'epoca. Solitamente ne acquista la gamma bassa che acquisisce profondità  e non slabbra e la gamma alta che pur rimanendo molto cristallina viene addolcita e perde il carattere pungente che certi Fender hanno.

 

 

Come si vede dalle foto, il circuito e' cablato in modo estremamente pulito ed ordinato (molto piu' rispetto al modello di riferimento). Questo influisce anche sull'assenza di rumori ed interferenze nel suono finale: anche con i controlli al massimo, l'amplificatore ha un bassissimo rumore di fondo. Durante la prima prova a casa di Duane, questi mi disse "l'ampli suona bene, ha pochi rumori di fondo, al massimo sentirai qualche interferenza con i neon o certe radio... Per esempio, qui siamo vicino all'aeroporto e, se metto i controlli a 10, sentirai qualche disturbo." Detto fatto, nessun disturbo all'orizzonte: "ok, l'ampli mi e' venuto meglio di quanto non pensassi!", disse Duane con una risata. Questo cablaggio ordinato aggiunge un attacco ed una estensione in gamma alta addirittura superiore rispeto ai blackface.

Piccola nota per chi si interrogasse sui fili con rivestimento di cotone: si', lo so, sono inutili, hanno comunque la guaina di PVC all'interno, ma sono belli da vedere. 

Infine, un breve accenno al nome visibile sul frontalino: Bunbury. Ne L'Importanza di Essere Ernesto di Oscar Wild, il personaggio di Algernon espone la sua teoria sull'utilità  del bunbureggiamento: questo personaggio ha infatti inventato un personaggio fittizio, un amico di nome Bunbury, la cui salute è così cagionevole e la loro amicizia così forte, che Algernon è spesso costretto ad assentarsi da Londra per assistere l'amico... Insomma, un'ottima scusa per evitare gli impegni sgraditi e andarsene a fare una bella gita in campagna o, ad esempio, andare a cena al club con un amico (realmente esistente, questa volta).
Quale miglior di definire il mio atteggiamento verso la musica?

Cassa

La cassa, ricoperta con i medesimi colori della testata, ha dimensioni simili a quelle di un AC30. Alloggia due Eminence Private Jack da 12". Il mobile è di multistrato (la mia schiena ringrazia) ed è semi-open back. Sul fronte campeggia il logo "Duane Ledford".
A causa delle dimensioni eccezionali della testata, si è scelto di non usare l'opzione tilt back.

Il suono

L'amplificatore ha due canali principali: Normal e Vibrato.
Il primo canale è il più semplice come controlli ed il più diretto e trasparente come suono. Leggendo da sinistra a destra, troviamo due input (con due diversi livelli di gain), un bright switch e tre potenziometri (vol, treb, bass).
Questo canale è dotato di un pulito abbastanza brillante, ma pieno. I bassi sono potenti e le frequenze medie, nonostante il circuito blackface, non sono così scavate come leggenda vuole: questa risposta sulle medie e' dovuta non a variazioni rispetto al progetto originario, ma ai componenti usati e soprattutto ai coni. In distorsione il crunch è cattivo quanto basta, pur rimanendo piu' spigoloso e meno morbido rispetto ai SR blackface. Diciamo che riesce a spaziare piu' agilmente su territori rock e un po' meno su territori blues di quanto non facessero gli originali.

Generalmente, questo è il canale che uso per le distorsioni (onde evitare che il suono si impasti troppo a causa del circuito del riverbero e rimanga chiaro e diretto).

Alle prove, invece, io e l'altro chitarrista suoniamo entrambi su questo ampli e lui suona la Telecaster su questo canale: il suono e' molto presente, con gli acuti in vista, ma senza arrivare a suoni acidi o troppo scintillanti (mica è un Vox!) e io devo lottare un po' con l'equalizzazione per rimanere nel mix, che lui buca tranquillamente.

Questo ed il secondo canale hanno, come si diceva più sopra, meno acuti di un SR blackface, ma bassi più potenti che si sposassero con chitarre come la Telecaster.
In questo caso, Bingo!, basta alzare un po' il controllo bass e la chitarra acquista corpo e calore.

I controlli su questo amplificatore si rivelano molto molto sensibili e basta un minimo spostamento per modificare il suono. Generalmente, questo canale viene suonato con questi settaggi: vol ore 11, treb ore 2, bass ore 9.

Il secondo canale ha un maggior numero di controlli ed un suono più caldo e morbido. Leggendo da sinistra a destra, troviamo due input (con due diversi livelli di gain), un bright switch e sette potenziometri (Vol, Treb, Mid, Bass, Reverb, Speed, Intensity).
Il suono di questo canale è più dolce ed arrotondato di quello del primo canale poichà© il segnale attraversa il circuito del tremolo (non fatevi ingannare dal nome assegnato da Leo a questo canale: questo è un tremolo vero e proprio!).

Su questo canale è possibile controllare anche le frequenze medie, pilotare il riverbero (un classico Accutronics a molle) e il tremolo.
Specifico subito che anche se l'uso del riverbero aggiunge calore al suono e sustain alla mia chitarra e che, quando suono in casa, l'uso di un po' di riverbero ben dosato regala molta goduria, mentre in gruppo rende la chitarra meno presente e definita, quindi devo lasciarlo spento.

Il tremolo, invece, ha una pulsazione molto definita e un po' meno sfruttabile del tremolo su un mio precedente Vox AC15 (roba inglese anni 90). Per questa ragione ho richiesto una piccola modifica al circuito per renderlo più dolce e meno "thumpy". Il vibrato rimane comunque quello tipico dei suoni d'un tempo - di Booker T & the MGs, per esempio.

Normalmente, suono questo canale con la Stratocaster AlecB sia in casa sia alle prove. Specifico che, come ha avuto occasione Paolo Mazza di dire in un suo articolo, "un amplificatore da 50 w costruito bene suona bene anche a volumi sussurrati". Quoto!

Alle prove, utilizzo i seguenti settaggi: bright switch on, vol ore 11, treb ore 12/13 (a seconda della stanza), mid ore 12/13 (a seconda della stanza) bass ore 8, riverbero e tremolo spenti.

L'uso del bright switch è assai comodo quando uso la Strato all'interno della band: se il suono perde un po' di corpo, ne guadagno in presenza e nella possibilità  di evitare di impastare troppo il suono generale del gruppo.

Quando suono da solo in casa, questa switch sta generalmente in posizione off, in modo da ottenere sonorità  più "autosufficienti". Alcune considerazioni: intanto i bassi sono molto presenti e non ne servono troppi, è opportuno utilizzare un po' più di acuti (di qui l'uso del bright switch) rispetto al canale Normal e soprattutto per competere con una Telecaster.
 
Inoltre, i medi non sono tanto scavati come leggenda vuole da rendere necessario o desiderabile un uso spropositato del relativo potenziometro, che generalmente resta a metà  corsa. Vabbe' che la Strato in questione ha un bel suono pieno...

Una piccola notazione sul comportamento dell'amplificatore con gli effetti. In generale, li mangia e li digerisce con estrema facilità . Il mio effetto prediletto su questo amplificatore è il Fulltone 69, che regala un crunch croccante adatto a suoni southern rock o rolling stoniani. Con un alto ingresso (Carl Martin Hot Drive and Boost mk3) o con distorsioni cattive (T-Pedals T-Fuzz) l'amplificatore reagisce molto bene, anche per merito dei coni, molto compatti sulle basse frequenze, che, con licenza parlando, non slabbrano e non scoreggiano.

Ammetto che l'amplificatore non suona come un SR blackface, immagino per via dei coni differenti e per l'uso di componentistica differente e, in alcuni casi, di miglior qualità  (tanto è vero che questo Ledford ha un maggior numero di watt e, conseguentemente, più riserva di pulito).

Le differenze consistono in un crunch più cremoso nel caso dell'originale (ho avuto poi modo di provare un secondo esemplare di SR blackface che Duane Ledford stava riparando) ed in un crunch più definito nel secondo. Il pulito, poi, sembrava più ovattato nel primo caso e più diretto, dinamico e trasparente nel caso del mio amplificatore. Prima o poi dovrಠprovare questo amplificatore con una 4x10" per vedere l'effetto che fa.

Conclusioni

L'amplificatore, come si vede dalle foto, è costruito in maniera estremamente pulita e con ottima componentistica. Questo si riflette nel suono e nell'affidabilità  dell'amplificatore.

Il suono è dinamico e molto sfruttabile per via dell'ottimo pulito e della facilità  con sui si accoppia ai pedali. Il crunch, poi, è aggressivo quanto basta, ma senza diventare acido o volgare. Riesco a spaziare tra i suoni che le mie orecchie inseguono: pop, rock e blues anni 60 e 70, per poi aggiungere qualche accenno di funky delle origini.

Tuttavia, specifico che l'amplificatore ha una sua personalità  (forse anche per via delle modifiche) e non sento il bisogno di fotocopiare i suoni dei dischi per avere un effetto altrettanto convincente. Per esempio, posso tranquillamente suonare brani originariamente suonati con dei Fender Silverface e non dover per forza utilizzare il suono originale, a mio avviso troppo fino e scavato.
 
Generalmente, il suono che ottengo è più pieno ed è una versione più addolcita del Texas Blues Sound (qualunque cosa esso sia).
L'assistenza del produttore è eccellente: modifiche e riparazioni (la valvola del riverbero ha deciso di fare i capricci dopo un mesetto di uso) vengono eseguite in tempi ragionevoli e discusse con professionalità .

Il costo è poco più alto di quello al quale le reissue Fender sono vendute qui in Australia.

Giorgio Montanari