Gibson Firebird V

Scritto da Pigi il 21/Mar/2011 alle 13:29

Sezione: Chitarre elettriche

 

La scintilla

Sembrerà un discorso superficiale, ma io la penso così: prima del suono, della tecnica, dell’armonia, prima di tutto, c’è una cosa. La chitarra elettrica è una figata, nell’accezione più fanciullesca del termine, e la Firebird mi è sempre sembrata una chitarra essenzialmente clamorosamente figa.

Inoltre, con pochi guitar heroes a diffondere la sua immagine in modo massiccio, forse per via di alcuni suoi difetti non trascurabili di cui parlerò tra poco, ha anche un che di distintivo rispetto alla Straterella d’ordinanza, o meglio, non avendo ancora acquisito uno stile ed una personalità musicale ben definiti da imporre ad uno strumento, mi sento aiutato nella ricerca dall’avere fra le mani un legnetto particolare.

Poi c’è quel nome sulla paletta, ed io sono ancora troppo lontano dalla fase ascetica della vita del chitarrista che gli consente di concentrarsi esclusivamente su suono e funzionalità. Infine, per l’idea che mi ero fatto della resa sonora dalle varie opinioni sul web e youtubbate, mi pareva un concentrato di cose di mio gusto. 

L’occasione

Come detto, ci sbavavo dietro da almeno un paio d’anni, senza averne mai visto né toccato un esemplare di persona: un po’ come essere invaghiti di una ragazza vista in foto, senza nemmeno sapere che voce abbia, se sia simpatica, se possa star bene con te per una sera o per la vita. L’occasione per la prova è un viaggio a New York, aprile 2010, non tanto perché avessi girovagato senza frutto tutti i negozi nel mio raggio d’azione, ma perché sono riuscito a ritagliarmi un paio di mezze giornate dedicate solo ed esclusivamente a girare per guitar shops, in un ambiente decisamente stimolante.

Lo strumento non è dei più comuni, se si pensa che nella città che non dorme mai ne ho trovati solo due esemplari, in due diversi negozi: una da Guitar Center, supermercato con le pareti tappezzate di strumenti, ed una da Rudy’s nel punto di Soho, una sorta di galleria d’arte. Due Firebird V, la versione con due mini-humbuckers e col classico ponte Tune-o-matic, ahimè la sola in catalogo all’epoca.

Ovviamente negli altri negozi non sono stato con le mani in mano, provando diverse cosucce sfiziose, ma nessuno strumento che riuscisse ad unire una conclamata bellezza, di quelle che fanno star bene solo ad aprire la custodia, con un suono ed un feel in cui mi riconoscessi (qualcuno ha detto Gretsch?). Un acquisto era in preventivo ma solo alle condizioni giuste, cioè avrei preso solo la “mia” chitarra. A un prezzo congruo, s’intende. 

Da Rudy’s

Strato decorate all’inverosimile in vetrina, mobili in legno sul quale risaltano ordinati splendidi strumenti. Ed eccolo lì l’uccello di fuoco. Guardo meglio, ci sono graffi e botte, c’è la firma di Santana, c’è una foto che lo ritrae mentre la suona, c’è un prezzo a cinque cifre. Meglio chiedere.

Un fuscello nero vestito come una tipica ragazza newyorkese, cioè in qualunque modo, mi avvicina e, udita la mia richiesta, mi porta al piano di sotto, dove spicca fra pezzi da novanta l’oggetto del mio desiderio.

E’ di un sunburst che sa di camino acceso, tabacco da pipa ed autunno. La accomodo sulla mia gamba, ed è più leggera di quanto mi aspettassi. Sfioro il manico, le dita scorrono sulla tastiera come seta. Faccio due note sul pulito di un fenderino col mini humbucker al manico: è come lo sparo di un fucile a pompa, anche se non manca il retrogusto persistente di cristallo sugli acuti.

L’accoppiata ponte-manico è la mia delizia, c’è pienezza, definizione e persino una dose percepibile di twang. Dal pickup al ponte esce il suono della storia del rock. Giocando con i due potenziometri dei toni la gamma sonora si espande ulteriormente. La ragazza, dietro ai suoi occhiali enormi, mi parla del sustain dello strumento dato dalla costruzione neck-through, ma capisce dal mio sguardo che non ha bisogno di spingere più di tanto. Mi vergogno un po’ sentendo suonare un tale all’ingresso, prendo il biglietto da visita e lascio un pezzo di cuore a pulsare nel negozio. 

Da Guitar Center

Ne vedo una appesa quasi sul soffitto e, essendo a NY, mi attendo che l’Uomo Ragno in persona venga a pormela fra le braccia. Mi accontento del servizio di un solerte commesso, che mi lascia l’ascia, la scelta dell’ampli, e qualche plettro. Prima di provarla, mi fermo dei bei minuti ad ascoltare un tizio ad un metro da me, che rischiavo di coprire con i miei strimpelli. E’ bianca, così non la prenderei mai, la provo solo per confronto, ma il confronto, non so per quale motivo, non c’è. Forse l’ambiente, forse il setup, forse le corde, forse l’ampli. E se fosse il colore? Niente, questa chitarra non mi dà niente. Il prezzo? Identico all’altra.

L’acquisto

Quando il tarlo entra in testa è troppo tardi. L’acquisto è stato un po’ rocambolesco, ma questa è storia a parte (Nota: controllare bene il massimale della propria carta di credito prima di farsi prendere da GAS in terra straniera), mi preme piuttosto sottolineare l’estrema gentilezza del personale in alcuni momenti di personale imbarazzo, data anche dall’abitudine al cliente internazionale.

Hand check all’aeroporto, con un fastidioso supplemento non previsto per il secondo bagaglio,  custodia imbottita internamente di giornali, giri di cellophane all’esterno per evitare aperture indesiderate, uscita da Malpensa senza alcuna questione.

 

I difetti

Togliamoci il dente e parliamone subito: i principali difetti dello strumento sono strettamente connessi con quello che è uno dei punti di forza: l’estetica appaga l’occhio ma l’ergonomia ne risente. In particolare, la chitarra è sbilanciata verso il manico e, se suonata per lungo tempo da seduti, sega la gamba per l’esiguo spessore.

L’ingombro può essere un problema se ci si muove in spazi stretti, visto che la Firebird sporge un bel pezzo sia oltre la mano destra che quella sinistra. Un tale mi ha inoltre assicurato che per i dotati di panza presenta l’ulteriore inconveniente di sporgersi in avanti, cosa che pregiudica la visibilità della tastiera.

Altri difetti non trascurabili sono la scarsa trasportabilità, la custodia originale è praticamente un sarcofago e non è facile trovare un adeguato rimpiazzo, e l’incompatibilità con la maggior parte degli stand per chitarra, mentre la paletta inclinata e le meccaniche stile banjo rendono quantomeno pericoloso l’appoggiarla sdraiata. Va detto che molti di questi difetti sono stati superati semplicemente comprando una bella tracolla larga ed imbottita, e gli stand che prendono la chitarra “per il collo” funzionano egregiamente anche con questo modello.

I pregi

Il suono e la bellezza. Penso che non ci sia una paletta nell’universo che mi piaccia più di quella. Set-up già per me ottimale, ma non so quanto dipenda dalla Gibson e quanto dal negozio, le corde sono burro ed il manico è scorrevole e, come piace a me, abbastanza sottile. Si percepisce con chiarezza l’ottima qualità complessiva.

Per quanto riguarda il suono, ciò che esce dal pickup al manico e dall’accoppiata manico-ponte è la vera voce dello strumento, riconoscibile al di là dell’amplificatore, talmente piena e ricca che considero un peccato andarla a modificare con effetti o pesanti distorsioni, anche se li regge senza impastarsi eccessivamente.

Il suono del solo pickup al ponte trova invece la sua dimensione ottimale se adeguatamente valorizzato da un bel crunch per gli accompagnamenti o da un bel suono lead, ma se la cava discretamente anche su ritmiche più funky. Ideale per un bel blues carico ed il rock a tutti i livelli, regala grosse soddisfazioni anche nel fingerstyle se suonata con un bel pulito ed un filo di riverbero. 

And in the end…

Io sono innamorato e non faccio testo, la lista dei difetti è abbastanza lunga da scoraggiare chiunque ed i pregi elencati, a partire dall’estetica, sono assolutamente soggettivi.

Però non so quante altre sono capaci di stamparmi un sorriso ebete in volto quando apro la custodia, ed essere insieme strumento ed obiettivo: quello di essere un chitarrista migliore della chitarra. E qui l’asticella è alta.

Prezzo: circa 1700$

Pigi