Jimmie Vaughan - "Suona ciò che vorresti ascoltare"

Scritto da DanieleBazzani il 25/Jul/2010 alle 11:00

Sezione: Artisti

 

I dischi dei Fabulous Thunderbirds mi hanno cambiato la vita, l'approccio ritmico e solistico di Jimmie, così scarno ed essenziale, è un punto fermo nella mia comprensione del ruolo di chitarrista all'interno di una band.

16 luglio 2010

Sono davanti all'hotel in cui Jimmie e la sua band alloggiano, li ho sentiti suonare ieri sera, il manager, Bill Sullivan, mi richiama al cellulare e mi dice che Vaughan mi aspetta per l'intervista. Entro e lui mi viene incontro sorridendo, stivali e occhiali da sole, mi chiede se mi dispiace aspettare che prenda un caffè, già mi sta simpatico. Ci sediamo e lui si toglie gli occhiali, siamo pronti.

Ciao Jimmie, grazie per avermi ricevuto nel tuo giorno libero, è un piacere poter fare quattro chiacchiere.
Figurati, piacere mio.

Vorrei subito chiederti come hai sviluppato il tuo stile, conosco alcune delle tue influenze, ma la loro somma non darebbe comunque vita al chitarrismo di Jimmie Vaughan, ci deve essere dell'altro.
Hai ragione, puoi di certo immaginare quanto sia profondo in me il solco lasciato dall'ascolto di personaggi come Clarence "Gatemouth" Brown, Freddie, Albert e B.B. King, e tanti altri; quello che forse non immagini è che ho ascoltato di tutto, da Joe Maphis a Merle Travis, non ho mai fatto grandi distinzioni di genere musicale.Ci sono solo due tipi di musica, quella che ti piace e quella che non ti piace, si tratta solo di scegliere.

Quello che mi ha sorpreso girando per il Mississippi è stata l’assenza di… quasi tutto! Il Blues però è sempre intorno a te, nelle cose.
Ho un libro di fotografie qui con me in albergo, me lo ha regalato Billy Gibbons (chitarrista degli ZZTop), è un libro sul Blues e ci sono foto di… gente (folks, letterale), non c’è molto altro, ma è così affascinante. Quando ero piccolo ho iniziato ad andare a scuola a Jackson, Mississippi, e lì il Blues è dovunque, per strada, nelle persone.

Iniziamo dalla ritmica, uno dei tuoi punti forti, ho ascoltato altri musicisti provenienti dal Texas e sembrate avere dei tratti comuni, un sound abbastanza simile, molto twang. Come hai sviluppato il tuo stile?
Nella prima band di cui ho fatto parte da ragazzo non avevo assoli, solo parti ritmiche, e il leader della band, Johnny Peoples, il chitarrista solista, mi diceva cosa suonare e come dovevo suonarlo, doveva avere ragione visti i risultati!

Hai sempre tenuto bene a mente quella lezione, anche Hendrix diceva che molti sono bravi a suonare un assolo, ma pochi sanno accompagnare come si deve.
Esatto, il mio ruolo in una band come i T-Birds era fondamentale, lo spazio lasciato da basso e batteria era molto, dovevo solo capire come riempirlo nella maniera giusta. Non mi sono mai piaciuti i chitarristi che suonano di continuo assoli senza senso (alza gli occhi al cielo e imita uno che suona facendo una faccia un pò da scemo, molto ispirato), preferisco dire poche cose, ma in maniera meno banale.

Su alcuni brani dei primi dischi dei T-Birds avevi una maniera micidiale di accompagnare, lavoravi sui bassi e sulla parte alta in maniera separata, con le pennate in levare che suonavano le corde a vuoto, su "Sugar Coated Love" eravate solo tu e la batteria, quella ritmica ha davvero cambiato la mia percezione di cosa si può fare con una chitarra in mano, ho ascoltato qualcosa di simile su "Change It" di Stevie.
E' vero, essendo più giovane di me mi ha ascoltato suonare tantissimo, se hai una chitarra con te ti faccio vedere come suono quel tipo di cose.

Purtroppo no... (vorrei uccidermi mentre lo dico, n.d.a.)
Peccato.

Ho visto che dal vivo suoni la ritmica molto meno di prima, e cantando non suoni mai, un po’ come fa B.B.King.
Ho iniziato a cantare dal vivo dopo i 40 anni, nei primi anni '90, non ho ancora una grandissima confidenza nel fare le due cose insieme, e la band che ho adesso mi permette di essere molto libero.

Sono davvero fantastici, cosa cerchi nei musicisti che ti accompagnano?
Devono suonare bene! A parte gli scherzi, devono essere "dentro" ciò che fanno, sono tutti specialisti. Non mi interessano le prime donne, cerco gente come me, che suoni per far parte di qualcosa. Il risultato deve essere maggiore della somma dei componenti.

Qualche anno fa ho conosciuto Les Paul, mia moglie lavorava alla Gibson e me lo ha presentato quando siamo andati a sentire un suo concerto. Poco tempo dopo suonavo al locale di B.B.King a New York e chi entra? Les Paul! È stato seduto tutta la sera ad ascoltare il concerto e alla fine mi ha fatto i complimenti per la scaletta, io ero lì che suonavo, ogni tanto giravo lo sguardo e vedevo Les Paul!

 

 

 

Mi è piaciuta molto la prima parte dello show, quando cantavi sempre tu, c'era molta intensità. Per non parlare di Lou Ann Barton, grandissima cantante e perfettamente in sintonia con te quando cantate a due voci, dal vivo siete come sul disco.
Grazie! Lei è fantastica, ci conosciamo da molto tempo, in studio abbiamo cantato delle voci guida per la band che suonava live, ma poi abbiamo sovrainciso le parti vocali, volevo che fossero perfette, sono contento del risultato.

Quando sono stato ad Austin, nel 2002, mi ha sorpreso il fatto di non trovare più nessuno che suonasse Blues, considerando l'importanza del movimento che ha portato te con i T-Birds, Stevie a formare i Double Trouble, Antone’s e tutto ciò che accadeva intorno a voi.
Non credere, anche quando sono arrivato io nessuno suonava Blues a Austin! E' sempre stato così, noi abbiamo iniziato proprio perchè nessun altro lo faceva. Che fai se nessuno suona la musica che ti piace? Te la suoni da solo. Oggi è come allora.

Parliamo del nuovo album, lo ho ascoltato venendo qui e mi piaciuto tantissimo, vario e divertente come lo show, ho ritrovato lo spirito dei primi T-Birds, se non fossimo stati tutti seduti penso che avremmo ballato per gran parte della serata.
Infatti, l'idea è quella è proprio quella, penso alla musica come qualcosa che debba intrattenere, far ballare; i miei genitori amavano la musica da ballo, il Western Swing, ne ho ascoltata moltissima e forse cerco di mettere in scena le cose con cui sono cresciuto. Molti vedono il Blues come una musica triste, per me non è affatto così, ci sono talmente tante sfaccettature e la maggior parte sono molto intense, ma non per forza tristi.

Bellissima la scelta dei pezzi, dal blues al rock'n'roll, dal R'n'B al surf, davvero senza limiti.
Come dicevo prima, non faccio distinzioni fra i generi, per me c'è solo ciò che mi piace. Non ho mai classificato nulla, non sono un critico musicale, già da piccolo non mi ponevo il problema di cosa fosse o come si chiamasse ciò che ascoltavo, mi piaceva e basta. Per me non c'è il blues o il r'n'r, è sempre la stessa grande famiglia, poi cambia l'approccio e il modo di suonare di ognuno, capisci ciò intendo?

Il disco è fatto quasi solo di cover, come scegli i brani?
Quando una canzone mi piace sento che "devo" suonarla, è più forte di me! La ascolto e penso "Devo suonare questo pezzo, costi quel costi." Mi piace prendere brani di altri e farli miei, mi è sempre piaciuto. La maggior parte dei pezzi non li avevo mai suonati, ci vedevamo il giorno prima della registrazione per arrangiare le parti e poi incidevamo, è tutto molto spontaneo.

La band che è sul disco è la stessa che ho visto ieri sera?
In pratica si, solo il sax baritono è cambiato, e non c'è più l'organista Bill Willis, è venuto a mancare a Febbraio. Ho messo la sua canzone in fondo all'album proprio come tributo a lui, una chiusura in tutti i sensi. Sono un gruppo fantastico, Billy Pittman suona la chitarra con me da anni, George Rains è un batterista fra i migliori nel genere, Greg Piccolo era con i Roomful Of Blues e non ha certo bisogno di presentazioni, sassofonista e cantante incredibile, ma sono tutti perfetti.

Quando hai lasciato i Fabulous Thunderbirds secondo me è venuto a mancare qualcosa che non ho mai più ritrovato in loro, premesso che erano tutti musicisti strepitosi, che ruolo avevi nel gruppo?
Quando non si trattava di originali ero io che dicevo "Facciamo questo brano", portavo idee di continuo e gli altri mi assecondavano, credo che a loro piacessero le mie scelte. C'è sempre qualcuno che prende l'iniziativa in una band, è molto naturale. Ho già materiale per almeno metà di un nuovo album, sempre brani di altri, inizierò a lavorarci quando torno dal tour.

Parliamo del tuo approccio alla chitarra solista.
Sai, quando ascoltavo i dischi da bambino, non riuscivo a capire "Come facessero a sapere cosa suonare!" Ero colpito dal fatto che riuscissero a mettere tutte quelle note in fila, come facevano a sapere quale era l'ordine giusto? Non mi davo pace! Non era tanto per le frasi o altro, era tutto l'insieme che mi stupiva, il quadro generale.

E quindi hai cercato di imparare a parlare con le note.
Si, ascoltavo le "intro", la parte centrale e le "outro" strumentali di ogni singolo brano (mima il movimento dell'alzare e abbassare la puntina sul disco con una faccia da quasi invasato), cercando di carpire ogni minimo segreto, un lavoro lungo e faticoso.

Sembra che tu abbia imparato piuttosto bene! Alcuni assoli come quello su "The Crawl" sono leggendari, lo prendo sempre ad esempio con i miei studenti per la sua perfezione e scelta di note, anche se alcuni di loro mi prendono per matto, non essendo il tuo uno stile fatto di virtuosismi impossibili.
Conosci la storiella che si racconta a proposito del cosa suonare? Sei in una stanza e stai jammando con B.B. King, Freddie King, Eric Clapton, Buddy Guy, Albert Collins, fai tu i nomi. A un certo punto viene il tuo turno, uno di loro si gira verso di te e ti dice "Tocca a te". Paura eh? (e ride). Cosa diavolo puoi suonare dopo di loro? La risposta è semplice e complicata allo stesso tempo: suona quello che vorresti ascoltare.

E mi sono accorto che avrei suonato qualcosa di loro, avrei di sicuro copiato. Ma in fondo tutti copiamo gli altri, nessuno si sveglia la mattina e inventa qualcosa di totalmente nuovo, si tratta di fare propri elementi già esistenti. L'ho presa come una regola di vita, cerco di non fare altro, vorrei potermi ascoltare mentre suono, come se fossi all'esterno, per suonare qualcosa che davvero mi piacerebbe sentire, a ognuno di noi in realtà non serve altro.

Un mio insegnante mi diceva di provare a cantare quello che avevo in testa, e poi cercarlo sulla chitarra.
Esatto, lo dico sempre, se non posso cantarlo probabilmente non posso suonarlo. (If I can't hum it, I cannot play it).

 

 

 

Sei sempre stato scarno, essenziale, ma ascoltare il tuo fraseggio oggi mi fa pensare che stai cercando di toglierti tutto di dosso, come uno che pian piano si spogli per restare finalmente nudo, senza fronzoli.
Interessante, ma non so se sia davvero così. Vedi, se mi ascolto oggi, e se riascolto come suonavo 30 anni fa, per me non è cambiato nulla, sono sempre io, anche se cerco di imparare qualcosa di nuovo ogni giorno, spero di non fermarmi mai.

Come nella vita, si cresce sempre.
In fondo non è quello che facciamo? Cresciamo, cambiamo, il nostro modo di essere e di parlare si modifica, e così il mio modo di suonare. Per me non c'è questa o quella scala, c'è la vita, suono la vita, deve venire dalla testa o dal cuore, in fondo è la stessa cosa, ma deve esserci un legame con ciò che sono. Tutti suonano per l'amore che hanno avuto, o che non hanno. Chi non ha iniziato a suonare per le ragazze? (ride). Io ancora suono per loro, preferisco un pubblico di ragazze che ballano e si divertono, a un mucchio di chitarristi immobili che ti guardano le mani!

Come la barzelletta "Quanti chitarristi ci vogliono per cambiare una lampadina?"
Quanti?

Undici. Uno per cambiarla e dieci per dire "Questo posso farlo anche io".
(ride) Verissimo.

Sembri a tuo agio sul palco, è sempre stato così?
Per niente, ho imparato con gli anni, all'inizio mi guardavo, guardavo come ero fatto e pensavo "ma chi diavolo sono, che schifo!" (ride), non ero affatto tranquillo, tantomeno dal vivo, poi cresci e capisci tante cose, oggi sono abbastanza sicuro di me, anche se posso sempre fare meglio, il problema è che ho quasi 60 anni, quando avrò capito tutto sarò morto!

Hai iniziato a suonare senza plettro da qualche anno, o lo hai sempre fatto? Ti cambia il modo suonare?
In realtà lo faccio da sempre, mi piace il suono prodotto dalle dita, uso il pollice verso il basso o l'indice come fanno i bassisti.

Così hai un suono gigante, si capisce quasi senza guardarti se usi il plettro o no. Che mi dici invece del capotasto?
Il primo a capirne le potenzialità è stato il mio eroe Clarence "Gatemouth" Brown, usava il capotasto mobile per sfruttare sempre le corde a vuoto, in questo modo è come se suonassi sempre in Mi in prima posizione, il fraseggio è molto più fluido grazie alle legature suonate dalla mano sinistra e dalla destra che può "scivolare" velocemente da una corda all'altra.

Brown iniziò per farsi sentire meglio nella band, il suono era molto più grosso, voleva ottenere la presenza e la fluidità di un sax, e allargando il suo fronte sonoro si ritagliò uno spazio incredibile davanti alla sua band. Dopo di lui quasi tutti i bluesmen texani della zona del Golfo hanno imitato il suo stile, da Johnny "Guitar" Watson a Guitar Slim ad Albert Collins e molti altri, oggi è parte integrante del mio playing, non potrei più farne a meno.

Non dimenticando che chi ci legge lo fa su Laster, che è un sito dedicato alla chitarra, parliamo di strumenti, amplificatori, effetti.
Spara.

Da quello che si può intuire, sei un fan dei manici in acero.
Si, mi piace molto il colore, la prima chitarra di cui veramente mi innamorai aveva il manico in acero, da allora ho capito che mi piaceva farmi vedere con manici chiari sul palco!

 

 

Quindi non è una scelta sonora?
Tu davvero senti differenza fra acero e palissandro? Io no, te lo assicuro, se smanetto un po’ con l’amplificatore riesco sempre a ottenere il timbro che mi piace, non è questione di legni. Mi piace cercare di tirar fuori il suono vero della chitarra.

Ho visto che ormai vai sul palco con la tua Fender signature messicana, e devo dire che se non l’avessi vista con i miei occhi, avrei pensato fosse la tua vecchia Stratocaster bianca.
Vedi? È quello che dicevo prima, il tuo suono è nelle tue mani e nella tua testa, qualsiasi strumento mi darai cercherò sempre il mio suono, non quello di qualcun altro. La mia vecchia Strato bianca del ’62 è a casa a riposare, non la porto quasi più in giro. La comprai credo nel 1971 o ’72, aveva il manico in palissandro ma spaccato, lo sostituii con quello che hai visto nelle foto, è una chitarra fantastica. Prima di quella però comprai una Sunburst di fine anni ’50, mi sembra nel ‘69.

Lavori tantissimo con il potenziometro del volume, ho avuto l’impressione che non lo aprissi mai del tutto.
Esatto, solo per sbaglio! Quando sei in mezzo a un assolo può capitare di perdere un minimo il controllo, mi piace di più il suono dell’amplificatore piuttosto alto, ma con la chitarra che non apre del tutto, lo trovo più interessante, cristallino.

Verissimo, si ottengono timbri molto particolari. Solo Strato o anche Telecaster?
Mi piacciono molto anche le Tele, sono un tipo da Fender!

Che scalatura di corde usi?
Dipende dalla chitarra, considera che uso corde flatwound (quelle lisce da jazz) e credo che ogni chitarra abbia una sua scalatura, quindi non uso mai un set standard, ma sperimento. A volte i cantini .010, a volte .011, ma sempre in base a quello che lo strumento richiede, sapevi che fanno anche le .010,5?

Non ho particolari preferenze di marca, ultimamente ho provato delle corde austriache fatte a Vienna di cui non ricordo il nome (potrebbero essere le Thomastik-Infeld), mi sono piaciute molto. Comunque i miei non sono set standard, proprio per quello che dicevo poco fa, me li assemblo da solo.

Sai che Leo Kottke accorda le sue chitarre da uno a due toni più basse, cerca l’altezza giusta perché secondo lui ogni chitarra ha la sua voce in un certo punto del registro.
Interessante, e poi le lascia sempre accordate così?

Penso di si.
Questo mi fa piacere, la vedo anche io allo stesso modo, anche se non cambio l’accordatura.

Qualcuno ti ha attribuito la frase “C’è solo una cosa migliore di un Fender Twin, due Fender Twin”, è tua?
Hahaha! No, ma quando ero bambino mio padre diceva sempre “Cosa è meglio di uno? Due!”
Ma sai come si dice? Quando non hai una storia, inventane una buona!

Infatti ho visto due Fender Bassman sul palco, sono i nuovi Reissue?
Si, li ho portati dagli USA, sono miei. Mi piace molto il timbro che hanno, e riesco a farli suonare come dico io, averne due non cambia il suono ma ti “allarga” il fronte sul palco, spesso non ho bisogno neanche della chitarra nei monitor, dipende molto dalla situazione.

Come regoli l’equalizzazione degli ampli sul palco?
Con questi Fender di solito tengo Medi e Presence a 10, e il resto… quanto basta.

Come in cucina?
Si, come per il sale e il pepe, non c’è una misura se non l’istinto che ti porta ad aggiungere, quanto basta!

E il volume? Sembra che il suono stia sempre per rompersi, ma mai del tutto.
Giusto, cerco quella via intermedia che mi piace un sacco, ieri sera il Master era circa a 6. È strano perché mentre suono ho sempre l’impressione di avere troppa distorsione, quindi abbasso il volume dalla chitarra, ma quando poi mi riascolto, se hanno registrato il concerto, mi accorgo che il suono non era troppo distorto, anzi. Strano eh? Non ho mai capito perché.

 

 

 

Altri modelli di amplificatori che ti piacciono?
Mi piacciono molto i Matchless, ma se conosci bene la storia degli ampli a valvole, sai perfettamente che è tutto una copia dei Fender, quindi che senso ha suonare una copia?

Questo si che potrebbe essere uno spot!
Portatemi qualcosa che suoni meglio e cambierò, non ho problemi. Quello che ho imparato è che se un amplificatore non suona bene subito, con i controlli tutti al centro, non c’è speranza che suoni meglio smanettando per mezz’ora.

Non ti ho mai visto usare pedali, ti capita?
Molto di rado, un tempo usavo un pedale per il Tremolo, non so che modello fosse, oggi si trova di tutto, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Spesso il tremolo è presente sull’amplificatore, quindi non mi serve nulla oltre la chitarra, solo il cavo.

Ultimamente cosa ascolti?
Louis Armstrong, Gene Ammons, Horace Silver.

Giovani chitarristi Blues che ti hanno colpito di recente?
Un paio di nomi sono Gary Clark Jr. che fin da piccolo veniva spesso con il padre da Antone’s e Nick Curran, mi piace molto come canta, entrambi sanno davvero cosa sia il Blues.

Non ti abbiamo mai visto a Roma, ci sei mai stato, ti piacerebbe suonarci?
Purtroppo non ho mai avuto l’occasione, sono in Europa sempre di corsa e ogni amico che ci è stato mi ha raccontato grandi cose, ma ti giuro che non l’ho fatto apposta, non ho avuto modo di venire! Fra l’altro vorrei venirci con le mie gemelline, ho due bambine di 6 anni che vorrei portare se dovessi riuscire a suonare a Roma.

Epilogo

Mi fa vedere le foto delle figlie sul suo iPhone, quando lo accende, come foto di sfondo, c’è uno scatto di lui e Stevie a fine anni ’70, lo apre e lo allarga con le dita, sono giovanissimi e si capisce che è ancora un grande dolore pensare a lui.  Gli spiego che non è solo per rispetto che non ho chiesto nulla di Stevie, per me loro due sono molto diversi ma su livelli assolutamente simili, mi guarda con una faccia che si è subito fatta triste e dice “Sono già 20 anni che non c’è più. Oggi accendi la televisione e vedi tutti questi giovani chitarristi che suonano come lui. È incredibile.”

Chissà, gli dico, forse un giorno, quando te la sentirai, potresti anche parlarci di lui. Mi fa capire che la possibilità esiste, ma io sono a posto così.

 

 

Jimmie è talmente gentile e disponibile che continuerebbe a parlare, non dà il minimo segno di voler interrompere, sono io però che devo tornare a Roma per suonare la sera stessa; prima gli chiedo se posso comprare il doppio vinile in edizione limitata dell’ultimo disco, mi dice che deve chiamare l’addetto al merchandising ma salutandoci la cosa si ferma lì.

Esco e mi avvio alla macchina quando mi sento chiamare per nome “Daniele, torna qui, ho l’album per te!”
Me lo dà e dice che è un regalo, ma prima vuole firmarlo, non con una penna, con un pennarello, si vede meglio.
“To Daniele, Play What You Want To Hear!” Jimmie Vaughan

Signore e signori, questo è Jimmie Lee Vaughan, un vero gentleman dal cuore texano.

Daniele Bazzani

 

 

 

Un ringraziamento particolare dalla redazione di Laster a Mike Sponza che è stato il tramite fondamentale affinchè l'intervista fosse realizzata.